Al di là che è stato presentato come “leggibile a ogni dimensione e utilizzabile come icona per app e canali social”, ogni esperto in comunicazione visiva sa che questa è la base per la realizzazione di qualsiasi immagine aziendale. Quindi perché presentarlo come un plus?
Perché –esperienza diretta– ultimamente molti che si dicono “esperti” non hanno la benché minima idea che quello sia un aspetto basilare della progettazione di una immagine aziendale…
Una volta, ma neanche tanto tempo fa, se ne vedevano in giro molti di meno che oggi, e chi possedeva un computer Apple era fiero di poter appiccicare un adesivo al parafanghi della propria auto.
Questo prologo solo descrivere come alcuni brand siano talmente… appaganti che la gente è disposta a molto pur di poterli sfoggiare, indossare, perfino a farseli tatuare addosso di propria spontanea volontà.
Pertanto questo articolo sull’aumento dello stipendio se un dipendente si fa tatuare il marchio della propria azienda mi ha fatto pensare ad un metodo “empirico” per valutare l’impatto di un marchio presso le masse: per quanti soldi una persona sarebbe disposta a farsi tatuare il marchio di una azienda, fosse anche la propria?
Ci tenevo soltanto a sottolineare e collegare alcune piccole cose che normalmente vengono diffuse e si possono facilmente ritrovare in rete, ma a quanto pare ci sono un sacco di orecchie da mercante in circolazione: per essere visibili su internet non serve un nome famoso e altisonante di una grande marca, quanto la semplicità schietta e una vera relazione con il “fantomatico” utente.
In questo caso c’è proprio tutto:
la viralità di un paesino sconosciuto che cresce in popolarità più di chiunque altro (brand e celebrità)
la semplicità di poche persone –ma vere!– che ti rispondono sempre e se non riescono si scusano mettendoci la faccia (devono anche mandare avanti il ristorante)
un concorso con dei regali in palio (qualcuno potrebbe obiettare “di scarso valore”, però handmade! e qui Etsy dice la sua)
un reale riscontro, come si dice, IRL in real life, nella vita vera, non solo quella digitale dei “soccialcosi”
una considerazione un po’ più alta delle persone, perché non servono follower e fan che seguono superficialmente tutto, quanto veri “amici” disposti perlomeno venire a trovarti se sanno che ne vale la pena (la spiegazione più bella a proposito la potete leggete qui grazie a Gianluca: “Regalate campioncini del costo di un euro, e avrete l’attenzione che dedicherebbero a una monetina da un euro trovata per terra”)
In questi giorni di babysitteraggio ai fratelli ho molto poco tempo per fare altro… ritorno a tuono con un grande designer.
Ve ne avevo accennato un po’ di tempo addietro, in un precedente articolo su un suo prodotto. Milton Glaser potrebbe essere definito (grazie Ambro) uno degli ultimi grafici–amanuensi: mi piace questo termine, mi ricorda i monaci e il lavoro –non a caso– certosino del decorare a mano le icone e i capolettera dei testi sacri.